21.02.21 | La Commedia in pillole – Pillola n. 4 a cura di Giorgio De Conti

Eventi

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    La Commedia in pillole

     Pillola n.4

 

    a cura di Giorgio De Conti

 

 

                                         21.02.21

La Commedia in pillole Pillola n.4 a cura di Giorgio De Conti

 

Quando: 21-Febbraio  2021
Dove: Treviso

Purg. Canto V vv. 130-136
Pillola n. 4
Dopo Jacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro, un terzo spirito della schiera dei morti"per forza"si rivolge a Dante, saldando la sua voce delicata di donna a quella di Buonconte immediatamente e senza formule di trapasso. Il personaggio afferma di essere la Pia, ma tace sul suo casato lasciando sé e la sua vita avvolte in un alone di mistero che, dopo secoli di esegesi, è tutt'altro che diradato, a causa della mancanza di ogni forma di documentazione. Dobbiamo attenerci, pertanto, ai primi commentatori di Dante, in particolare a Benvenuto da Imola, all'Anonimo Fiorentino e a Pietro di Dante. Essi concordano nel considerare Pia sposa di Nello di Inghiramo dei Pannocchieschi, signore guelfo del castello maremmano della Pietra, dove Pia sarebbe morta per volontà del marito, fatta precipitare a opera di un servo di lui, tale Magliata da Piombino, da una finestra del castello. Pia, secondo gli antichi commentatori, apparteneva alla casata senese dei Tolomei, ma i documenti della famiglia non ne danno conferma. Incerto è anche il motivo del delitto: gelosia del marito, infedeltà della moglie, desiderio di Nello di sposare una nobile maremmana Margherita degli Aldobrandeschi.
Dante tace sulle colpe di Pia, ma anche sulla sua storia. Il suo brevissimo monologo (sei versi geometricamente distribuiti: tre di richiesta di ricordo, tre di vicenda) è una delle forme più efficaci di "reticenza" e dà alla protagonista tutto il fascino dell'inespresso e dell'ignoto. E' il ritratto di una donna gentile che prima di tutto dice maternamente a Dante di prendersi un buon riposo dopo il suo ardito viaggio attraverso l'altro mondo. Pia nomina, poi, solo il proprio luogo di nascita e il luogo dove è morta. La sua esistenza è chiusa in un solo verso "Siena mi fè, disfecemi maremma". Questi dati minimi Pia li espone, sottolinea il Momigliano, "in un tranquillo chiasmo, quasi con un misterioso sorriso da Monna Lisa che si cela dietro il gioco di parole con fare e disfare". E la sposa tradita ricorda non l'assassino, ma l'innamorato, lo sposo all'altare, che, forse, secondo le due fasi della cerimonia nuziale della liturgia del Medioevo, la disposò (desponsatio), cioè manifestò la volontà di contrarre matrimonio e poi la inanellò (anulatio), cioè la sposò mettendole al dito il suo anello con una pietra preziosa.
E' significativo infine, osserva Giulio Ferroni, rilevare "che le presenze femminili assumono quasi un rilievo inaugurale in ciascuna delle cantiche. Le parole di Francesca da Rimini sono le prime che un dannato rivolge a Dante, e parallelamente Piccarda Donati è la prima, tra tutti i beati, a manifestarsi nel Paradiso. E, se Pia dei Tolomei non è certo la prima a parlare con Dante nell'Antipurgatorio, i suoi pochi versi, che concludono il canto V del Purgatorio, si fissano come un augurio e suggello liminare, con il loro delicato invito a ricordarsi di lei, ma solo quando il Poeta sarà alla fine del viaggio, tornato al mondo/e riposato della lunga via".
Commento a cura di Giorgio De Conti.