“D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE” n. 18 a cura di Gian Domenico Mazzocato

   

"D'I FIORI  E  DE  LE  FOGLIE NOVE"                                                                        n. 18                   

 

                              a cura di

                        Gian Domenico Mazzocato

"D'I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE" n.18 a cura di Gian Domenico Mazzocato

D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE
N. 18

Le traduzioni / Il mondo anglosassone

Si valuta che Dante sia tradotto in più di cento lingue. Spesso le traduzioni sono considerate dei capolavori, per così dire, autonomi indipendentemente dall’originale italiano. È il caso della versione giapponese di Sukehiro Hirakawa o di quella slovacca di Viliam Turcany.

L’Index Translationum dell’Unesco ci dice che Dante si trova attorno al centesimo posto per numero di traduzioni, quarto tra gli Italiani di tutti i tempi (dopo Eco, Calvino e Salgari) e primo tra gli Italiani antichi. Dati un po’ vecchiotti ma tutto sommato ancora validi.

Le traduzioni hanno una loro storia. Ad esempio, la civiltà anglosassone traduce in continuazione Dante; segnalo, tra parentesi che nel sito dante online (ricchissimo di notizie, offre, tra l’altro, tutte le opere di Dante) viene proposta molto opportunamente sia una traduzione in inglese che una in americano. Due gusti diversi, due approcci, due visioni.

Cito le traduzioni di Henry W. Longfellow (1867), di Allen Mandelbaum, di Robert Pinsky. Robert Pinsky è un personaggio geniale e strano. Molto attento alle implicazioni massmediatiche del suo lavoro: ha scritto un episodio dei Simpson in cui lui appare nelle vesti di se stesso professore. Pubblicò la sua traduzione nel 1995. È traduzione chiara, divulgativa, molto diffusa.

Tra il 1933 e il 1943 Laurence Binyon pubblicò una traduzione discussa perché il suo inglese fu giudicato molto ermetico ed involuto.

Ma bisogna citare anche Mark Musa (1995), traduttore pure di Boccaccio e Machiavelli; Robert M. Durling, grande studioso di Petrarca, la cui traduzione dantesca apparve con le note di Ronald L. Martinez; Henry Francis Cary (1772-1844), autore di una traduzione storica (L’Inferno era compiuto nel 1805, l’intero lavoro nel 1814). Dovette pubblicare a proprie spese perché il suo editore non aveva alcuna fiducia nell’opera, salvo ricredersi dopo che Cary ricevette le pubbliche lodi di Coleridge.

Poi la traduzione di James Finn Cotter, disponibile anche in rete, e quella di John Ciardi (1916-1986), un italoamericano nato a Boston e molto apprezzato per la sua opera di divulgazione.

Nell’immagine: frontespizio della prima edizione di The Divina Commedia of Dante Alighieri, 1802, di Henry Boyd, la prima traduzione organica della Commedia in inglese (Inferno, 1785; Purgatorio e Paradiso, 1802).

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