“D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE” n.3 a cura di Gian Domenico Mazzocato

   

"D'I FIORI  E  DE  LE  FOGLIE NOVE"                                    n.3                    

 

                              a cura di

             Gian Domenico Mazzocato

"D'I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE" n.3 a cura di Gian Domenico Mazzocato

I fiumi della Divina Commedia
Parte 1
“Fiume” è uno dei termini ad altissima frequenza nella Divina Commedia e nell’intera opera dantesca. Sia in significato fisico, come entità geografica, sia con significato simbolico. In Paradiso XX, 19-21 Dante per descrivere la voce dell’allegorica aquila di Giove: …udir mi parve un mormorar di fiume / che scende chiaro giù di pietra in pietra, / mostrando l'ubertà del suo cacume. Dunque, immagine di potenza, forza, violenza anche. Dante si ricorda Ezechiele (43, 2) “vox erat ei quasi vox aquarum multarum” (la sua voce era come quella di più corsi d’acqua).
Ma i fiumi fisici? Ne troviamo cinque… e mezzo nell’Inferno: Acheronte (Inferno III, 78); il fiumicello che circonda il castello del Limbo (Inferno, IV, 108); lo Stige (nove citazioni tra i canti VII e IX dell’Inferno, a partire da VII, 100-11); il Flegetonte (cinque citazioni tra i canti XII e XVI dell’Inferno, a partire da XII, 46-48); il Cocito (otto citazioni tra i canti XXXII e XXXIV dell’Inferno a partire da XXXII, 22-36). C’è poi il ruscelletto della natural budella (Inferno XXXIV, 127-132).
La loro origine è attestata in una leggenda allegorica biblico-classica (soprattutto Daniele II, 31-33), quella del Veglio di Creta, gigantesca statua che si trova in una caverna del monte Ida, sull’isola di Creta. È fatta di varie parti metalliche secondo la divisione fatta da Ovidio delle quattro età dell’uomo: oro, argento, rame e ferro. Tutto l’episodio del Veglio è intessuto di una fitta trama simbolica. Dante ne parla a partire da Inferno XIV, 103: Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, / che tien volte le spalle inver' Dammiata / e Roma guarda come suo speglio. // La sua testa è di fin oro formata, / e puro argento son le braccia e 'l petto, / poi è di rame infino a la forcata; // da indi in giuso è tutto ferro eletto, / salvo che 'l destro piede è terra cotta; / e sta 'n su quel più che 'n su l'altro, eretto…
Nell’immagine: Caronte, il traghettatore dell’Acheronte (incisione di Gustave Doré).