“D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE” n.8 a cura di Gian Domenico Mazzocato

   

"D'I FIORI  E  DE  LE  FOGLIE NOVE"                                                                        n. 8                   

 

                              a cura di

                        Gian Domenico Mazzocato

"D'I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE" n.8 a cura di Gian Domenico Mazzocato

D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE
N. 8

Francesco, l'ardore mistico
Il quarto cielo del Paradiso dantesco è quello del Sole. Attendono il mistico pellegrino per illuminargli la via (e la vita) le anime dei sapienti e dei dottori della Chiesa. Il luogo giusto per raccontare quella colonna della Chiesa che è Francesco, il sole nato da Assisi. Dante lo dice con un aulico gioco di parole. E per illustrare la parabola umana dell’umile fraticello chi meglio di Tommaso d’Aquino (1225-1274), una delle menti più illuminate della cristianità. Allievo di Alberto Magno, filosofo e teologo, insegnò a Parigi e Napoli. È il canto XI del Paradiso. L’esordio è solenne, su toni alti. Chi dietro a iura e chi ad amforismi / sen giva, e chi seguendo sacerdozio, / e chi regnar per forza o per sofismi, // e chi rubare e chi civil negozio, / chi nel diletto de la carne involto / s’affaticava e chi si dava a l’ozio, // quando, da tutte queste cose sciolto… (Paradiso XI, 4-10). Cioè, in altre parole: Dante è ormai sciolto dalla insensata cura de’ mortali, dalle occupazioni dietro cui si affaticano inutilmente gli uomini. Nel canto X Tommaso ha indicato a Dante, uno per uno, i dodici beati chiusi nel cerchio di una corona. Una sorta di girotondo mistico. Però Tommaso ha chiuso il suo dire con una espressione enigmatica (due a dire il vero, ma ora il focus è qui), oscurissima per Dante: U’ ben s’impingua, se non si vaneggia (Paradiso X, 96). Tommaso spiega che la Provvidenza, per rendere più sicura la Chiesa, fece nascere due principi che la guidassero e la sorreggessero, san Francesco e san Domenico, il primo animato da ardore mistico come i serafini, il secondo così sapiente da splendere come un cherubino.
Straordinaria narrazione, da seguire passo per passo.
Tra i fiumi Topino e Chiascio (che sgorga dal monte Ausciano dove il beato Ubaldo fu eremita) digrada la fertile costa del monte Subasio. Da essa Perugia riceve il calore estivo e il freddo invernale dal lato di Porta Sole; dalla parte opposta del Subasio sono Nocera Umbra e Gualdo Tadino. Dove la costa è meno ripida, ad Assisi, nacque quel sole che è Francesco. Non si dovrà dire Ascesi, ma Oriente. Lì è nato il sole.
Ancora giovanissimo, Francesco cominciò a far sentir la terra / de la sua gran virtute alcun conforto (Paradiso XI, 56-57). Sposò la Povertà, che tutti disdegnano come la morte. Davanti al tribunale ecclesiastico e a suo padre, si spogliò di ogni bene. La Povertà, dopo la crocifissione di Cristo, suo primo marito, era rimasta per più di millecento anni sola e disprezzata da tutti. Non era servito che Cesare durante la guerra civile con Pompeo la trovasse sicura in compagnia del pescatore Amiclàte; non le servì essere costante né feroce, salendo in croce con Gesù mentre Maria ne era rimasta ai piedi. Il primo a seguire Francesco fu Bernardo di Quintavalle, poi Egidio e Silvestro. La famiglia / che già legava l’umile capestro (Paradiso XI, 86-87).
Francesco andò a Roma e illustrò a Innocenzo III la sua regola. Lui, umile figlio di un mercante, ebbe modi regali e ottenne una prima approvazione. La seconda venne da Onorio III e intanto i seguaci aumentavano.
Si recò poi in Terra Santa, presentandosi al sultano. Tuttavia, quelle genti non erano ancora pronte alla conversione. Tornò dunque in Italia.
Si ritirò sul monte della Verna, fra Tevere e Arno, dove ricevette il supremo sigillo alla regola, le stimmate. In punto di morte, raccomandò ai confratelli la sua donna, la Povertà. Il corpo fu sepolto nella nuda terra. San Domenico, fondatore dell’ordine di Tommaso, fu il degno collega di Francesco nel governare la nave della Chiesa. Ma le pecore del gregge domenicano sono ora ghiotte di altro cibo. Si allontanano dai pascoli e tornano più povere di latte all’ovile. I domenicani fedeli alla regola sono così pochi che basta poco panno a confezionare le loro cappe.
Ecco il senso di U’ ben s’impingua, se non si vaneggia, ci si arricchisce spiritualmente, se non si devia.
Nell’immagine: Francesco dà il cibo agli uccelli, Basilica superiore di Assisi

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